Quando si tratta di introdurre dei gruppi di lavoro in processi di lavoro per loro nuovi, indipendentemente dalla loro complessità, talvolta ci si scontra con difficoltà legate alle abitudini pregresse, alla poca disponibilità al cambiamento e più in generale alle attitudini personali. Entrare in ruoli e modalità lavorative di cui non si ha particolare dimestichezza (o di cui non si comprende la finalità) può richiedere molto tempo, pazienza ed uno sforzo non indifferente.
Nel fare coaching ai team agili è importante mantenere il gruppo di lavoro focalizzato sui singoli elementi del processo (i ruoli, le cerimonie, etc…) ma senza perdere di vista la “big picture”, il modello nella sua complessità.
Se utilizziamo l’esempio di Scrum, i daily meeting sono efficaci finché per abitudine i partecipanti non inseriscono il “pilota automatico” e le persone si incontrano più per abitudine o senso del dovere piuttosto che per il desiderio di scambiare informazioni. Ecco che una cerimonia, tenuta in maniera impeccabile dai partecipanti, diventa un elemento meccanico del processo. Questo è un campanello d’allarme, dal momento che il software è un prodotto artigianale, piuttosto che industriale.
Nel campo dell’educazione sono conosciute come ” Educational Simulations” proprio perché hanno un valore sociale ed educativo.
Coinvolgere un team in una miniatura significa allenarlo alle situazioni lavorative che affronteranno nel loro lavoro quotidiano. Verranno infatti ricreate in un contesto e in un tempo volutamente ristretto tutte le condizioni di un processo reale: i ruoli, le cerimonie, i principi.
In questo modo i principianti potranno apprendere il processo attraverso il gioco e gli esperti potranno ripassare i fondamentali della tecnica e lasciarsi indietro eventuali abitudini acquisite.
I vantaggi sono evidenti: attraverso l’aspetto ludico cadono le sovrastrutture e le rigidità che lasciano il posto alla creatività e alla propensione all’apprendimento.
Alla base della miniatura devono essere le stesse caratteristiche di un progetto: la costruzione di valore. Fittizio nel primo caso e reale nel secondo.
Per comprimere il più possibile tempi e gli sforzi, è utile creare sessioni di gioco con i mattonicini Lego. Quale migliore metodo per costruire giocando [2]?
L’inizio dei preparativi comincia con la definizione dei ruoli, creando un Team e nominando uno Scrum Master ed un Product Owner. Poi, gli strumenti: un backlog con le tradizionali card, un foglio A3 che rappresenta la base fisica su cui costruire il modello (e spostarlo fisicamente sul tavolo, quando si tratterà di farlo visionare al committente), e naturalmente i mattoncini Lego.
Si parte quindi con un’idea di business qualunque, l’importante è che sia facilmente rappresentabile con metafore attraverso le costruzioni.
Nella prima fase di backlog grooming il Product Owner si preoccupa di riempire il backlog con le User Story prioritizzate che si desidera realizzare nel prodotto. Arriva poi la fase del primo sprint planning in cui il team si committa sulle User Story che ritiene più adatte, e comincia a lavorarle creando un primo modello coi mattoncini, in uno sprint da 15 minuti.
In questi pochi minuti di sprint possono essere trovati dei brevi momenti di aggregazione, nei quali il team si riunisce per rivedere le assegnazioni le responsabilità ed eventualmente per raffinare la strategia comune. In questi momenti si aggiorna la board con i nuovi stati delle varie card.
Al termine dello sprint il gruppo mostra e discute il “potentially shippable product increment” in uno Sprint Review Meeting da 5 minuti, al seguito del quale si passa alla Sprint Retrospective (altri 5-10 minuti).
Al termine della prima iterazione, si ricomincia dallo sprint planning che aprirà la strada allo sprint successivo e così via.
Ecco che al termine di due o tre iterazioni si saranno riprodotte con poco sforzo tutte le fasi del processo.
Con l’uso delle miniature si arriva in breve tempo a padroneggiare il processo con un certo livello di confidenza. Ossia si potrà passare con maggiore facilità dalla fase SHU, la fase dove si apprende “la forma” seguendo con rigore il modello per apprenderlo a fondo, alla fase HA, che è l’applicazione del modello in maniera completamente naturale, senza cioè il peso dell’apprendimento e dell’errore. Arrivati a questo punto si potrà ambire alla fase RI, che è il distaccamento consapevole e maturo dal modello.
Bibliografia
[1] Crystal Clear – A Human-Powered Methodology For Small Teams, Alistair Cockburn
[2] Building a Better Business Using the Lego Serious Play Method, Per Kristiansen (Author), Robert Rasmussen (Author)